Tra poetica e tecnica scoprire l'altrove
A cura di
VALENTINA BASILE
Critica d'Arte
Salvatore De Angelis è un artista campano, sarnese per la precisione, la cui carriera artistica è iniziata più di cinquant’anni fa. Quando lo incontri nel suo studio hai immediatamente la sensazione di esser catapultato in un’altra dimensione: quella in cui l’atelier era cornice perfetta dell’opera dell’artista, rudimentale museo in cui le visite erano selezionate, ma anche accompagnate e descritte con cura magistrale, in un mescersi continuo di arte nella vita e vita nell’arte.
De Angelis sperimenta con la pittura tecniche e supporti differenti, purché rientrino in quello che lui definisce “dipingere”, diverso dal “rappresentare” o “indicare”.
Egli nasce come decoratore, quando, ancora poco più che bambino, era diventato allievo di un maestro decoratore e aveva lavorato nella sua bottega, decorando le case padronali del ceto abbiente dell’epoca. Questa sua anima di decoratore permane nella sua pittura e si trasforma in una cura del dettaglio, in uno stato d’animo paziente dell’artista nel vedere la sua opera nascere, passo dopo passo, sotto i colpi sapienti del suo pennello. Indubbiamente nella sua pittura un posto d’onore spetta al paesaggio, per il numero considerevole di opere dedicate al tema e anche per l’attenzione dell’artista nei confronti della natura.
Una natura da cui è affascinato, sia nella vastità indefinita delle montagne, che nel più piccolo, infinitesimale dettaglio dei pistilli dei fiori o dei chicchi di una delle melagrane delle sue nature morte. Tutto è degno d’attenzione, tutto può diventare soggetto di primo piano in un’opera d’arte.
Dell’elemento naturale De Angelis, sulla scia dell’impressionismo, predilige uno studio della luce e dell’acqua, di cui cerca di catturare riflessi e rimandi, increspature e baluginii folgoranti.
Questa attenzione al dato naturale spesso si esplicita attraverso una osservazione diretta del soggetto da dipingere, ma non si tratta mai di una pittura en plein air. Vi si frappone, infatti, il medium dello studio: l’artista si ritira in esso ed elabora il dato naturale nella dimensione ideale della tela. In questo modo anche la quotidianità del passato viene risemantizzata e, dunque, attualizzata, dandole nuove interpretazioni e, quindi, nuova linfa. I braccianti che si scorgono nei paesaggi bucolici in cui attenta è quella resa dell’atmosfera alla maniera leonardiana, riprendono la visione proposta nel “Sabato del Villaggio” di Leopardi, in cui la semplicità degli umili è assimilata alla felicità.
Nelle serie figurative ci sono dei veri e propri esercizi stilistici. Il dato figurativo qui è vincolato alla memoria. L’attenzione al corpo umano mostra rimandi ai grandi maestri del Rinascimento. In effetti, in un’epoca moderna in cui la storia dell’arte ha abbandonato una visione darwiniana di se stessa a favore di una storia dell’arte orizzontale, si può guardare al passato con serenità ed i miti vengono assecondati e sfidati insieme. Nell’arte sacra, in particolare, nelle rivisitazioni di famose opere del passato, si avverte la stessa dignità scenica dei grandi artisti, seppur reinterpretati in base ai tempi mutati e allo stile dell’artista.
Nelle opere che riguardano la sua città natale, Sarno, De Angelis indaga ogni aspetto della piccola cittadina campana. Che si tratti di grandi distese di campi o di palazzi storici, del borgo medievale o delle montagne. Di panoramiche di grande respiro o, ancora, di vecchi angoli dimenticati. Essi ci vengono restituiti non soltanto come “immagini da cartolina”, ma come emblema e summa dell’amore e del sentimento di appartenenza che l’artista prova per “la sua Sarno”, come lui stesso la definisce. Ogni strada, ogni angolo, scorcio o angolazione, prima che dipinti sono stati vissuti, contemplati, amati.
Nella serie surrealista i cieli tersi e le atmosfere serene cedono il passo all’inquietudine, in cui appaiono anche le ombre e gli incubi. Nella surrealtà dimensionale del dipinto, l’attaccamento al reale nei contenuti è, per paradosso, più forte che in qualsiasi altra opera. Irrealtà dimensionale e surrealtà metafisica si fondono, diventando il palcoscenico in cui oggetti incongrui acquisiscono un legame nell’entrare in contatto tra loro, grazie alla mano e alla mente dell’artista. E allora assumono significati nuovi ed inaspettati. In questa serie la natura non scompare, ma “matrigna” – per continuare il paragone leopardiano – con le radici che si attorcigliano su loro stesse, diventa spettatrice silenziosa e sofferente della narrazione del dipinto. In essa, l’artista ci presenta la realtà viva e toccante della quotidianità moderna, della guerra, della miseria, del disagio sociale, che trovano terreno fertile in questa dimensione parallela in cui reale e fantastico si fondono.
Salvatore De Angelis vanta una lunga carriera artistica alle spalle, fatta di sperimentazioni ma anche di eterni ritorni all’iconografia e alle tecniche a lui care. Nel corso degli anni ha cercato di affinare la propria tecnica per meglio mostrare quei dettagli del reale che non sono mai solo oggetti dipinti, ma anche e soprattutto oggetti, situazioni, scenari sentiti.
Nell’imprimere gli oggetti sulla tela, infatti, De Angelis ha cercato di rendere eterni anche gli stati d’animo, le sensazioni, i pensieri. E allora le angosce e le gioie si mostrano all’osservatore nascoste tra un paesaggio ed un vaso con fiori. Sono loro a diventare vere protagoniste della sua pittura di genere. Una pittura che è solo il punto di partenza in cui perdere lo sguardo e scoprire l’ “altrove”.
................da MEDIAVOX MAGAZINE (www.mediavoxmagazine.it) 24 Gennaio 2016